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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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De Natura Deorum III,84
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originale
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[84] Iam mensas argenteas de omnibus delubris iussit auferri, in quibus, quod more veteris Graeciae inscriptum esset BONORUM DEORUM, uti se eorum bonitate velle dicebat. Idem Victoriolas aureas et pateras coronasque, quae simulacrorum porrectis manibus sustinebantur, sine dubitatione tollebat eaque se accipere, non auferre dicebat; esse enim stultitiam, a quibus bona precaremur, ab is porrigentibus et dantibus nolle sumere. Eundemque ferunt haec, quae dixi, sublata de fanis in forum protulisse et per praeconem vendidisse exactaque pecunia edixisse, ut, quod quisque a sacris haberet, id ante diem certam in suum quicque fanum referret: ita ad impietatem in deos in homines adiunxit iniuriam. Hunc igitur nec Olympius Iuppiter fulmine percussit nec Aesculapius misero diuturnoque morbo tabescentem interemit, atque in suo lectulo mortuus tyranni dis non invitis in rogum inlatus est eamque potestatem, quam ipse per scelus erat nanctus, quasi iustam et legitimam hereditatis loco filio tradidit.
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traduzione
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84. Fece anche asportare da tutti i templi le mense d'argento e poich? queste recavano, secondo l'antico uso
greco, l'iscrizione ? degli d?i buoni ? diceva di voler fruire di questa loro bont?. Non s? faceva neppure scrupolo di
prelevare le piccole Vittorie d'oro, le tazze e le corone sorrette dalle mani protese delle statue e affermava che questa era una accettazione, non una sottrazione, in quanto sarebbe stata una sciocchezza chiedere dei beni agli d?i per poi non
volerli accettare quando sono essi stessi ad offrirceli con le loro stesse mani.
Si tramanda anche che il tiranno portasse al mercato gli oggetti tolti dai templi e li vendesse per mezzo di un
banditore e che quindi, riscosso il danaro, ordinasse che ciascuno prima di un giorno stabilito riportasse l'oggetto sacro
acquistato nel suo tempio: in tal modo all'empiet? nei riguardi degli d?i aggiunse un sopruso a danno degli uomini.
Ebbene, n? Giove Olimpio lo colp? con il fulmine n? Asclepio lo fece morire con una lunga e debilitante malattia,
ma mor? nel suo letto e fu adagiato su un rogo regale e lasci? in eredit? al figlio come giusto e legittimo quel potere che
si era procurato col delitto.
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